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198 ATTO TERZO'


gimento benefico, una grazia chiedo al signor tenente, ed è questa: che siccome Orazio è stato preso in casa nostra, che è una casa onorata, libero sia dalla morte, e con questa fermissima condizione al suo Generale lo presenti. Mi si dirà forse: non posso farlo, non lo posso promettere. Signore, perdonatemi, l’avete a promettere, l’avete a fare. Il governatore, da me avvisato, con quest’unica condizione vi lascerà trasportare i due desertori. Altrimenti spedirà una staffetta alla capitale, che giungerà forse in tempo per liberarli. Senza ricorrere a tali estremi, gradite il dolce modo che io vi propongo, accettate la lieve offerta che vi esibisco, promettete per la di lui vita, e ritornate con una preda, che se non porta alle truppe vostre il terrore, recherà almeno un esempio del vostro zelo e della nostra docilità.

Pantalone. Tiò; siestu benedetto. (gli dà un bacio)

Tenente. Persuaso dalle vostre buone ragioni, vi do parola che salvo egli sarà dalla morte.

Dottore. (È una buona ragione ventiquattro abiti). (da sè)

Orazio. Sempre più confuso ed atterrito io resto col confronto di sì bella virtù all’aspetto delle mie colpe. Le detesto, le abomino, le maledico; e voglia il cielo che il resto di quella vita che menerò fra gli stenti, vaglia a scontare i miei passati delitti, e apprenda almeno dall’esempio il mondo, che poco dura e malamente termina la vita pessima dell’Impostore.

Fine della Commedia.