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mono di acremente decidere; gente inutile, prosuntuosa, di cui elegantemente diceste

In fra cinquanta retori non trovi un oratore.

Pur troppo è vero, Signor Conte umanissimo, che da parecchi di tale schiatta s’alzarono contro di me alte grida, ed attaccandomi nelle parole, volevano che per qualche termine preso ad imprestito dalla Senna dall’Adda, dal Po, o dalle nostre Lagune, mi facessero esiliar dal Parnaso i sacri custodi della purezza dell’Arno, ma questo, come voi dite, non è che un arrestarsi alla scorza, e non curare il midollo dell’albero, dovendosi dai severi giudici delle opere mie considerar piuttosto, se io abbia eseguito i precetti de’ gran Maestri dell’arte, la nostra età dipingendo, come essi hanno le età loro dipinte; poichè, parlando coi vostri termini, la volubile ruota, che su l’universo ha impero, cambia i costumi degli uomini, e dee a seconda di essi cangiar d’aspetto la Commedia medesima, e in luogo di esporre alla derisione il Parassito ingordo, il Soldato vanaglorioso, la Balia seduttrice, l’astuto Greco, dobbiamo valersi de’ Damerini affettati, de’ Maldicenti maligni, de’ Critici ignoranti, e dei Boccaccevoli caricati. Io ho posto arditamente la mano in caratteri di maggior conto. Sull’orme del rispettato Moliere, ha fatto argomento delle mie scene il Nobile, il Togato, il Ministro, e voi su di ciò mi difendete nei vostri carmi contro coloro che la Commedia tratta vorrebbero dalla bassa plebe. Questa è la Tabernaria, ed io medesimo più d’una volta l’ho posta in uso, ma Voi, Signore, dite benissimo: Il dardo comico non assi a scoccar solamente contro lo sciocco e il vile, ma contro tutti coloro che nella Società degli uomini hanno il loro ridicolo, lo che ritrovasi in tutti i gradi. Voi passate a riflettere gentilmente se la Commedia abbia ad essere scritta colla prosa, o col verso, e vi dichiaraste neutrale, bastandovi che in una o nell’altra maniera conservi il carattere, il verisimile, la condotta, condannando assai giustamente quegli ornamenti di stile, che seducono ad una falsa bellezza, e tolta via la vernice, il quadro resta difforme, parendo al giudizio vostro che la poesia del mio Filosofo Inglese e del mio Terenzio, e la prosa della mia Pamela'