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L'IMPOSTORE 187


Pantalone. Chi ghe l’ha dà? La so stramberia.

Ottavio. Ah signor padre, perdonatemi. Un uomo d’onore, che vedesi mancar di parola, è compatibile se non sa frenare lo sdegno.

Pantalone. E po l’ha squasi mazzà sior Ridolfo.

Ottavio. Ridolfo lo ha provocato, ha voluto battersi seco lui per forza.

Pantalone. Scuselo quanto che volè; ve digo che el xe un omo pericoloso, e no me fido a darghe mia fia.

Ottavio. Per amor del cielo, scusatemi. Queste riflessioni si dovevano fare prima di dargli parola.

Pantalone. Saralo questo el primo contratto de nozze che sia andà a monte?

Ottavio. No, signore. Se ne sciolgono tutto giorno, ma con qualche onesta ragione.

Pantalone. Chi ve sente vu, sior, mi son una bestia senza rason.

Ottavio. No, signor padre, difenderò l’onor vostro a costo di spargere tutto il mio sangue: ma qui, fra noi, posso dirvi che Orazio vi ha affascinato.

Pantalone. Sto sior Orazio, per dir la verità, capitanio o colonnello che el sia, el m’ha messo un pochetto in sconcerto; sto vestiario che el m’ha fatto far, me costa assae, e se nol lo tiol, la xe per mi una mezza ruvina.

Ottavio. Eh caro signore, peggio per voi, se lo prende. Finalmente la roba, quantunque rimanga nei magazzini, se non si vende un giorno, si vende l’altro; ma s’egli vi porta via gli abiti, e non li paga, perdete tutto, senza speranza di ricuperar cosa alcuna.

Pantalone. Vedeu? No savè cossa che ve disè. Con una cambial che ghe doverare pagar, de tremile zecchini, squasi squasi se pareggia el conto dell’importar del vestiario.

Ottavio. Questa cambiale di tremila zecchini non potrebbe essere falsificata?

Pantalone. Via. Cossa diavolo diseu? Chi v’ha insegna a sospettar dei omeni in sta maniera?