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che delle Scienze e delle Arti di cui mirabilmente fiorivano. Piacemi la giustizia che sapete rendere ai Fiorentini e ai Milanesi vostri compatriotti, i quali in mezzo alle scorrezioni della Commedia, maltrattata dagli Istrioni, andavano di tratto in tratto sollevandola dal suo fango, ma poi mi fate arrossire, allorchè dare a me il vanto Vi compiacete d’averla a miglior destino condotta. Voi rilevaste assai bene la mia maggiore fatica nel combattere da principio gli abusi e le corruttele dell’infelice Teatro, movendo guerra alla Mimica, ma in guisa tale che più per assedio che per violento assalto mi avesse a cedere la vittoria. Non può essere meglio adattato il parallelo del canocchiale astronomico, in cui si frappone l’affumicato cristallo, per reggere ai violenti raggi del sole, volendo l’arte del Comico manifestare, che al regolato sistema delle opere sue va meschiando qualche licenza dell’arte, per non colpire soverchiamente l’animo de’ Spettatori male avvezzati, con animo di convertirli gradatamente a detestare gli abusi, e ad invaghirli della migliore condotta, della verità, della critica e del buon esempio. Bellissima è la descrizione che voi faceste delle Maschere nella Commedia usate, rilevandone i difetti loro; e giudiziosamente lodaste che delle parti serie ridotte dall’arte comica al dispregio del Popolo pensassi io ricavarne i migliori soggetti per la derisione del vizio, e per l’esaltamento della virtù; considerando Voi saggiamente, che il riso non è il primario fine della Commedia, ma il mezzo salutevole ed opportuno che trattiene gli Spettatori a ricevere, loro malgrado, quella parte di derisione, che ai difetti loro conviene. Bruyère1, Loke, Noble, Pope'' da Voi allegati, e da voi perfettamente conosciuti ed intesi, parlano, coi principi della buona Filosofia, delle proprietà e delle vere cagioni del riso, ma a loro modo l’intendono quei garruli letterati, che voi segnate col titolo di pedanti, che vogliono a ciaschedun soprastare, che il nero si credono, coll’autorità che si arrogano, far apparire per bianco, che delle opere altrui presu-

  1. Nel testo: Bruvere.