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172 ATTO SECONDO


SCENA XVI.

Fabio e detti.

Fabio. Schiavo, signori.

Ridolfo. (Si calza il cappello in testa, e non risponde.)

Orazio. Padrone mio; vi riverisco divotamente.

Fabio. Con voi, signore, ho bisogno di ragionare. (ad Orazio)

Orazio. Eccomi qui, disposto ad ascoltarvi, ed a servirvi, se occorre.

Ridolfo. (Questa sua dissimulazione mi pare troppa viltà). (da sè)

Fabio. Mi conoscete voi? (ad Orazio)

Orazio. Non ho l’onor di conoscervi.

Ridolfo. Non lo sapete chi è? Fabio Cetronelli, vostro rivale in amore; ardito, pretendente...

Orazio. Zitto, quietatevi, signor Rodolfo.

Fabio. Per ora non rispondo ad un fanatico che m’insulta; a voi mi volgo, signore, e dicovi, qualunque siate, che il signor Pantalone de’ Bisognosi ha promessa a me la sua figlia, e che ora mancami di parola, perchè posto in soggezione da voi; però, se siete uomo d’onore, conoscete la giustizia che a me si deve, e non ponete ostacolo al conseguimento di quella felicità, che mi son procurata con tre anni continui di servitù.

Ridolfo. Voi pretendete invano...

Orazio. State zitto, vi prego. (a Ridolfo) Con tre anni di servitù vi siete acquistata una bella felicità! Bel conto che fa di voi la signora Costanza! Se io l’amo, egli è perchè da essa fui invitato ad amare; che però, avendo voi gettate invano le lagrime di tre anni, v’insegni la prudenza a non procacciarvi un malanno.

Fabio. La maniera con cui mi rispondete, è ingiuriosa a me non solo, ma alla mia bella ancora; tant’è, signor capitano, se siete un uomo d’onore, me ne avete da render conto; sendo io sicuro che la vostra onestà non lascierà prevalervi della soverchieria.

Orazio. Di ciò potete esser certo...

Ridolfo. Io prenderò le parti del signor capitano...