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L'IMPOSTORE 165


e questo è quello che mi fa avere poca fortuna, poichè in oggi chi è più impostore, è più bravo, e si fa applauso a coloro che meglio la sanno dare ad intendere. (parte)

SCENA X.

Strada remota

Orazio e Brighella.

Orazio. Vieni qui, Brighella, raccontami. Ti sei dunque trovato presente alla rissa.

Brighella. Son arriva in tempo che i s’era malamente taccadi el sior Ridolfo con Fabio Cetronelli; el sior Pantalon e el sior Dottor i fava de tutto per quietarli, ma se non arrivava mi con quattro dei nostri omeni a farli desmetter, succedeva del mal.

Orazio. Brighella mio, le cose principiano ad imbrogliarsi. Ho due nemici che mi mettono in apprensione: questo Fabio Cetronelli, per ragione di gelosia, e forse d’interesse; e Ottavio, figlio del signor Pantalone, per certo spirito di collegiale, che lo rende ardito, non mi stima, non mi crede, e mi vuol tirare a cimento. Sai tu bene che io non sono poi tanto vile, che abbia a farmi paura di tutto; ma se sfuggo gl’incontri, lo faccio per la situazione in cui mi ritrovo. Se in un duello, se in una rissa, ammazzo uno di questi miei avversari, o mi conviene partire, o passare a delle violenze maggiori. Chi ha la coscienza macchiata, ha sempre timore d’essere scoperto, onde mi conviene riflettere e stabilire una qualche risoluzione.

Brighella. La meggio de tutte l’è quella de mudar paese.

Orazio. Sì, così ho pensato ancor io. Sollecitare la riscossione di quel denaro che si può avere, e andarsene.

Brighella. I tremile zecchini dal sior Salamon i ala avudi?

Orazio. No, non li ho avuti, e non li averò. I mercanti ebrei non sono sì facili a lasciarsi gabbare. Dice non aver avuto lettera d’avviso, e vuol aspettare d’averla.