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L'IMPOSTORE 157


blighiate a portarmi rispetto, e a non darmi nuovi motivi di disgustarmi.

Pantalone. In questo so quel che ho da far. Ottavio gh’ha giudizio, e me posso comprometter della so ubbidienza.

Orazio. Perchè poi, in caso diverso, mi scorderò ch’egli sia cosa vostra, e lo passerò colla spada da parte a parte.

Pantalone. Aseo! No, sior capitanio, no vegniremo a sti passi. Ottavio no ghe darà più sto motivo. Ma la prego anca ela, co mi no son in casa, no la daga da sospettar.

Orazio. De’ galantuomini così facilmente non si sospetta.

Pantalone. Ma, la vede ben, dove che ghe xe1 delle putte...

Orazio. A proposito di questa vostra figliuola, so pure che qualche cosa in mio nome vi è stato detto.

Pantalone. È verissimo, e giusto per questo se ha motivo de invigilar un pochetto de più.

Orazio. Mi è stato fatto sperare, che voi non siate per isdegnare la mia richiesta.

Pantalone. Veramente el xe un onor, che se degna de farme el sior capitanio; ma la vede ben, mandar una putta fora del so paese, senza saver dove che l’abbia d’andar...

Orazio. Quando voi l’appoggiate ad un galantuomo, da per tutto non può star che bene.

Pantalone. Bisogna sentir cossa che la dise anca ela.

Orazio. È giusto. Sentiamola. Fatela venire, ed interroghiamola.

Pantalone. Mo no, cara ela, sta sorte de domande no le se fa in pubblico; lo farò mi a quattr’occhi.

Orazio. Intanto, supponendo ch’ella non dica di no, siete voi disposto a dire di sì?

Pantalone. Bisogna che senta cossa dise anca i so fradelli.

Orazio. Ho inteso; voi cercate i pretesti per darmi una negativa. Dei due fratelli suoi, uno è stolido, l’altro è superbo. Ma voi, se siete un uomo di senno, avete da dispor della figlia senza dipender da loro, e se non lo fate, congetturo il malanimo che avete meco, e saprò ricordarmene nelle occasioni.

  1. Pasquali, Zatta ecc.: dove ghe xe ecc.