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148 | ATTO PRIMO |
SCENA XIV.
Brighella e detti.
Orazio. Che c’è di nuovo, sargente?
Brighella. Nove reclute, signor.
Orazio. Andiamole a vedere.
Ottavio. E così vi levate d’impegno.
Orazio. Prima di parlare, pensate bene con chi parlate. Cogli uffiziali del mio rango non si scherza in materie simili.
Ottavio. Se vi chiamate offeso, son pronto a darvi soddisfazione.
Orazio. No, amico, vi compatisco, perchè siete figliuolo del signor Pantalone. (parte con Brighella)
SCENA XV.
Ottavio solo.
Sempre più mi confermo nell’opinione che costui sia un furbo, un ingannatore; la maniera civile con cui l’ho interrogato, non meritava ch’ei rispondesse villanamente: ma giudico che ei ne sappia di guerra, quanto io ne so di musica; e se ora ho principiato a tasteggiarlo soltanto, farò di lui l’intiera scoperta. Lode sia sempre al mio buon genitore, che mi ha in un collegio fatto educare, ove insegnandosi, oltre le scienze, anche le belle arti, escono giovani eruditi, colti, e delle cose migliori istruiti. Mio padre è preso di mira da quest’incognito; dubito ch’ei lo voglia ingannare, ma io veglierò tanto sulla sua condotta, che non gli darò campo di farlo, valendomi in ciò non di quegli studi che nelle scuole ho appresi, ma di quella sana politica e direzione, che conversando con persone di spirito in una dotta comunità, facilmente s’imprime nella nostra mente e nel nostro tenero cuore. (parte)
Fine dell’Atto Primo.