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L'IMPOSTORE 125


Brighella. El nostro valor?

Orazio. Ti par poco saltar dalle mura?

Brighella. Certo no l’è poco rischiar de romperse el collo.

Orazio. Basta, siamo qui in questa terra dove mi credono un capitano, e si van facendo delle reclute.

Brighella. Da cossa far mo de ste reclute?

Orazio. Povero sciocco! negozio, mercanzia, guadagno.

Brighella. Ma come?

Orazio. Se andiamo a offrir costoro ad un reggimento che ne abbia bisogno, non ci danno almeno d’ingaggio due o tre zecchini per uomo?

Brighella. Adesso intendo: mercanzia de carne umana.

Orazio. Oh bella! È una carità che noi facciamo a costoro; levarli dalla fatica della campagna, e insegnar loro l’onorato mestiere del soldato.

Brighella. Ma a nu no i ne costa gnente.

Orazio. Tanto meglio per noi. Questo si chiama un mercanteggiar senza rischio.

Brighella. El se chiama piuttosto...

Orazio. Si chiama, che bisogna pensare a dar da mangiare a costoro.

Brighella. E in te l’istesso tempo penseremo el modo de magnar anca nu.

Orazio. A me non ne manca, caro amico. Evvi un Dottore, che colla speranca d’esser auditore del supposto reggimento, mi dà la tavola quando voglio.

Brighella. Ma, e mi?

Orazio. E tu mangerai coi soldati.

Brighella. Dove? Quando?

Orazio. Il buon uomo che sei! Qui, ora, quando vuoi. Conosci tu il padrone di questa osteria?

Brighella. El conosso, l’è missier Arlecchin Battocchio, un pochetto me paesan.

Orazio. Non ti dà l’animo di persuaderlo con buona maniera, che dia da mangiare a te e a questa povera gente?