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meglio badato agli amorosi savissimi avvertimenti di una persona che amavami veramente, e adesso pure mi ama, cui confidando sin d’allora le mie lusinghe, mi avvertì, e mi predisse quello appunto che mi accadde. Ma la necessità talora, talora l’amor proprio fa travedere; facilmente si crede ciò che si desidera, e l’impostura, quando è ben condotta, fa travedere gli uomini molto di me più accorti. In tale stato adunque, altro ripiego per me non vi era che cambiar cielo, per tentare di cambiar fortuna. Chiesi da Genova un sostituto al mio Consolato, e mi fu benignamente concesso. Passai a Rimini, ove trovavasi il Serenissimo Signor Duca di Modena, all’armata Spagnuola unito. Alimentai anche colà più mesi molte belle speranze; partì l’armata Spagnuola; la seguitai sino a Pesaro; quale accidente mi inducesse a tornare indietro, lo narrerò un’altra volta.

Ora dovrei dir qualche cosa intorno all’ordine della presente Commedia, ma questa volta faccio prima di essa il presente ragionamento, ne so qual sia per riuscire. Se verrà bene, sarà l’unico frutto che avrò ritratto dal mio gentilissimo Signor Colonnello; se mi riuscirà male, sarà un motivo per maledir nuovamente il suo nome. Sono questi i primi giorni che io scrivo, dopo la malattia sofferta; la testa non è ancora tanto fortificata che basti1, nè posso lungamente applicare. Buon per me che ora mi trovo in Modena, dove mi amano, dove abbondano i Letterati, e questi meco si degnano trattenersi frequentemente, e distraendomi dalla soverchia applicazione, mi fanno passare le più liete, le più profittevoli ore della mia vita.

  1. Nell’ed. Bettinelli leggesi la seguente nota: «Questa sarà, dicasi per difesa del dottissimo Autore, la causa perchè egli è entrato nella materia del cartajo.