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ALL'ILLUSTRISSIMO

SIGNOR CONTE


S

E mai ho desiderato di possedere lo stile vostro, valorosissimo Signor Conte, ora è certamente che lo desidero più che mai, intraprendendo d’indirizzare a voi una mia lettera, che non da Voi solamente, ma dal Pubblico sarà letta. Ma come e da chi imitata può essere la maniera vostra di scrivere, la quale conserva sì bene il buon gusto del fraseggiare de’ migliori Scrittori antichi Italiani, ed ogni difetto de’ tempi loro evitando, gratissima riesce ai più delicati moderni? Facendo leggere il mio Cavalier di buon gusto, gli pongo in mano un Tomo delle vostre Lettere2, giudicando io che niente di più grazioso, e di più saporito, e di più brillante possa leggersi in tal materia. In questo nostro secolo entrato è il baco di stampar lettere a chiunque sa tenere la penna in mano3. Ve ne sono delle dottissime, dell’utili, e delle amene; ma mi perdonino tutti gli altri, non leggonsi delle vostre le meglio scritte; nè solamente nelle parole consiste il merito loro, ma voi, che siete un accuratissimo osservator degli antichi, succhiate il meglio de’ Greci e de’ Latini Scrittori, e col criterio vostro, e colla vostra ammirabile facilità, le massime, le verità, le dottrine spargete a dovizia ne’ fogli vostri.

Eppure scrivere mi converrà collo stile mio dal vostro così lontano, poichè parmi più acconcia cosa seguire ciò che la natura mi detta, anzichè, o per fare ad altri la corte, o per vanità di far meglio, imitare stentatamente l’altrui maniera. La stessa regola prefissa mi sono nella costruzione delle mie Commedie. Non ho

  1. Questa lettera di dedica fu stampata sulla fine dell’anno 1754, in testa alla commedia, nel t. VII dell’ed. Paperini di Firenze.
  2. Vol. V della presente ediz., pagg. 118 e 121.
  3. Il Goldoni ricordavasi certamente anche di quelle dell’ab. Chiari.