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94 | ATTO TERZO |
Felicina. (Via, non mi fate vergognare). (piano a Pasquina)
Argentina. (Già, queste ragazze fanno i loro contrabbandetti). (da sè)
Giulia. Vorrei che venisse: povera me! il tempo passa.
Argentina. Avete qualche gran premura?
Giulia. Premura grandissima. Si tratta a drittura di cambiare stato.
Argentina. Cambiare lo stato? E che sì, che siete una che gioca al lotto?
Giulia. Sì signora, sono una che gioca al lotto, e che cambierà questi stracci in vesti d’oro ed argento.
Argentina. Avete guadagnato molto dunque.
Giulia. Non ho guadagnato, ma guadagnerò. Questa sera chiudono, e se non viene il signor Pantalone, e se non mi dà uno scudo su questa gonnella, povera me, io perdo la mia fortuna.
Argentina. (Fanno così queste donne. Colla speranza di vincere impegnano quel che hanno). (da sè) E voi, quella giovine, fate pegni per giocare al lotto? (a Sandra)
Sandra. Io non son qui per me; sono mandata da una persona.
Argentina. Che cosa avete di bello da impegnare?
Sandra. Una scatola d’argento dorata.
Argentina. Si può vedere?
Sandra. Non vorrei, mostrandola, che si venisse a sapere chi la manda a impegnare. Io sono una donna delicatissima in queste cose; quando mi fanno una confidenza, non vi è dubbio che da veruno si sappia.
Argentina. Fate benissimo; ma io, se vedo la scatola, non vi è pericolo che la conosca.
Sandra. Eccola, osservate: è nuova, nuova.
Argentina. Sì, ed è bella; averà costato almeno sei zecchini.
Sandra. A chi l’ha avuta ha costato poco.
Argentina. Sì? lo sapete voi come l’abbia avuta?
Sandra. Vi dirò. Era da lei l’altro giorno un mercante che conoscerete anche voi, perchè l’ho veduto qui qualche volta...
Argentina. Quel mercante di panni.
Sandra. Oh, non dico poi niente di più. Non voglio palesar le persone. E così si trovava in compagnia di questa signora, caccia