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90 ATTO SECONDO

Onofrio. Mi è accaduto che Pantalone mi ha gabbato di cento scudi. Ho riscontrati li mille che mi ha portati ier sera, e trovo che ne mancano cento.

Aspasia. Vi mancano cento scudi?

Onofrio. Certo mi mancano.

Aspasia. Oltre a quelli che avete dati a me stamattina?

Onofrio. Ho dato a voi cento scudi?

Aspasia. Sì, non vi ricordate?

Onofrio. Oh! saranno quelli dunque.

Aspasia. Voi non avete memoria.

Onofrio. Ho tante cose per il capo.

Aspasia. Se il signor Agapito fa qualche passo per i cento scudi, vi renderete ridicolo.

Onofrio. Gli anderò dietro. Farò che non faccia altro.

Aspasia. Caro signor don Onofrio, non vi fidate della vostra memoria. Qualche volta dite a me i vostri interessi, chiamatemi quando fate qualche contratto, e quando vi portano dei denari. In verità, se tirerete di lungo così, vi rovinerete.

Onofrio. Ecco qui: mi ha dato delle monete tutte calanti.

Aspasia. E i cento scudi che mi avete dati in oro, calavano sei zecchini.

Onofrio. Dice il signor Agapito, che il grano me l’ha pagato un terzo meno.

Aspasia. Peggio! Bisogna che vi facciate risarcire.

Onofrio. Lasciate fare al notaro.

Aspasia. Ma per i cento scudi levategli l’ordine.

Onofrio. Ah sì: vado subito a vedere se lo ritrovo.

Aspasia. Per l’avvenire regolatevi meglio; fidatevi di me, più che di voi medesimo.

Onofrio. Lasciate fare a me, che uno di questi giorni voglio darvi il maneggio di tutto.

Aspasia. (Non sarebbe cattiva cosa per me). (da sè)

Onofrio. Vado a cercar il notaro. Ehi, ricordatevi che i cento scudi li avete avuti voi.

Aspasia. Sì, li ho avuti io.

Onofrio. Badate bene che non vi sparisse dalla memoria. (parte)