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IL GELOSO AVARO 35

Onofrio. Mi ha fatto credere Pantalone che se tardavo una settimana, sarebbe calato molto di più. Dice che se ne aspetta una gran quantità dalla Puglia.

Agapito. Non è vero niente, anzi di giorno in giorno va crescendo di prezzo, e vossignoria l’ha dato per un terzo meno di quello che lo averebbe venduto in piazza.

Onofrio. E poi mi ha gabbato di cento scudi.

Agapito. Mi faccia una grazia, mi lasci vedere le monete che le ha date il signor Pantalone, perchè è solito anche nelle monete a fare il più bel negozio del mondo.

Onofrio. Ecco qui: doppie e zecchini.

Agapito. Le ha pesate queste monete?

Onofrio. Pesate? non mi ricordo, ma mi pare di no.

Agapito. Questi sono tutti zecchini che calano almeno sei o sette grani l’uno.

Onofrio. Dunque mi ha gabbato in tre o quattro maniere.

Agapito. Sicuramente. Io, se fossi in lei, non vorrei passarmela con questa bella disinvoltura.

Onofrio. Certamente voglio i miei cento scudi.

Agapito. Benissimo, lasci operare a me. Vado alla Vicaria. E un pezzo che ho volontà di far scorgere questo usuraio. Egli presta col pegno, fa degli scrocchi, e vuol tutto per lui. Se un galantuomo gli va a proporre un negozio da guadagnar un centinaio di scudi, non si vergogna a negargli una ricognizione d’un carlino. È un cane, lo vogliamo precipitare. (parte)

SCENA XIX.

Don Onofrio e poi donna Aspasia.

Onofrio. Darmi cento scudi di meno? Oh, questa non gliela perdono mai più. Pazienza il calo delle monete, il prezzo basso pazienza! Ma i cento scudi sono una trufferia.

Aspasia. Signor don Onofrio, che interessi avete col signor Agapito? Lo vedo partir frettoloso. Vi è accaduto qualche inconveniente?