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IL GELOSO AVARO | 35 |
Aspasia. Da fanciulla va bene, ma da maritata poi qualche volta conviene farsi vedere. In verità, credetemi, ne sento parlare da tutti con del dispiacere.
Eufemia. Ringrazio infinitamente quei che di me si ricordano; ma non vorrei che si prendessero tanta pena.
Aspasia. Sapete che cosa dicono? Dicono che non andate in nessun luogo, perchè vostro marito è geloso.
Eufemia. S’ingannano. Mio marito non è geloso.
Aspasia. Oh, ne dicono una più bella.
Eufemia. Davvero, che cosa dicono?
Aspasia. Che è avaro, che non vi fa il vostro bisogno... che so io? Cose che fanno venir la rabbia.
Eufemia. Mi pare che le dicerie di codeste persone che praticate, eccedano un poco troppo; e voi, compatitemi, non fate la miglior cosa del mondo a venirmele a riportare.
Aspasia. Cara donna Eufemia, sapete se vi voglio bene e se vi sono amica di cuore. Non intendo riportarvi queste ciarle nè per mortificar voi, nè per iscreditar chi le dice: ma sono venuta a posta per avvertirvi, perchè mi preme il vostro decoro, la vostra estimazione, e voglio assolutamente che facciate questa volta a mio modo.
Eufemia. Che cosa vorreste ch’io facessi?
Aspasia. Voi mi avete a promettere di fare quello che vi dirò.
Eufemia. Ditemi prima, che cosa intendete ch’io debba fare.
Aspasia. Avete paura che vi proponga una cosa che non vi convenga? Avete un bel concetto di me! Obbligata, donna Eufemia, obbligata.
Eufemia. Ma voi sapete ch’io sono maritata; che ho un marito, galantuomo certo, ma un poco difficile. Non è geloso, ma ha sempre paura ch’io m’impegni in cose che non convengono allo stato nostro e al modo suo di pensare. Ecco la ragione per cui non posso impegnarmi, senza prima intendere cosa vogliate da me.
Aspasia. Via, ve lo dirò. Voglio che questa sera veniate meco alla conversazione. Questa non è una cosa che abbiate a dirmi di no.