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IL GELOSO AVARO | 35 |
Argentina. Che cosa, signore?
Dottore. Un marito che ti bastonasse.
Argentina. Oh, se il marito mi bastonasse, la vorressimo veder bella.
Dottore. Alla larga con questa sorta di bestie. Figliuola mia, vi saluto, ci rivedremo, conservatevi, e vogliatemi bene.
Eufemia. Caro signor padre, ve lo dico con il cuor sulle labbra, non ho altra consolazione al mondo che voi.
Dottore. Ed ancor io ho tutto il mio bene, ho tutto il mondo con voi. Prego il cielo che stiate bene, che non abbiate digrazie, che non abbiate travagli. Se sapessi che stassivo1 male, se vi vedessi a patir, cara figliuola mia, mi creparebbe il cuore, piangerei dalla disperazione. (parte)
SCENA XII.
Donna Eufemia, Argentina, poi Pantalone.
Eufemia. (Povero padre, s’egli sapesse la vita che mi tocca soffrire!) (da sè)
Pantalone. (Apre, ed entra zitto zitto.)
Argentina. Oimè! mi avete fatto paura.
Eufemia. Voi sempre venite così, zitto zitto. Avete veduto mio padre?
Pantalone. L’ho visto.
Eufemia. È andato via in questo momento.
Pantalone. El so.
Argentina. Eh già: non si può sputare, ch’ei non lo sappia.
Pantalone. Tasi là, ti.
Argentina. (Gli si vede proprio la rabbia negli occhi). (da sè)
Eufemia. Che cosa avete, signor Pantalone?
Pantalone. Gnente, siora.
Eufemia. Mi parete alterato.
Pantalone. No gh’ho gnente, ve digo. (con asprezza)
- ↑ Guibert, Zatta ecc.: steste.