Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/53


IL GELOSO AVARO 35


ma il mese no lo ha da passare; e a chi gli dà i mille scudi, ne donerà cento di regalo.

Pantalone. Cento scudi de regalo per un mese? Ve preme, sior Agapito? Se ve preme, vederò de servirve.

Agapito. Mi preme per l’amico, e mi preme per voi, il mio caro signor Pantalone. Perchè cento scudi in un mese...

Pantalone. E chi xelo quello che vol i mille scudi?

Agapito. Egli è il contino Giacinto, figlio di quel ricco signore.

Pantalone. El xe fio de fameggia.

Agapito. È vero, ma...

Pantalone. No faremo gnente. (Traccagnino no torna; quel vecchio sa el cielo quanti desegni el metterà in testa a mia muggier). (da sè) Sior Agapito, con so licenza.

Agapito. Ma sentite. E vero che il Contino è figlio di famiglia; ma vi è un mercante, che farà la sigurtà per lui.

Pantalone. Un mercante seguro?

Agapito. Sicurissimo. Avete tutte le vostre cautele; sarete, come si suol dire, in una botte di ferro.

Pantalone. Basta, se ve preme, quando che sia seguro, lo farò.

Agapito. Andiamo nel vostro studio a far due righe di minuta per far il contratto.

Pantalone. Sì, andemo. Aveu carta? Perchè mi ho paura de no averghene.

Agapito. Ci sarà la carta, ci sarà ogni cosa. Spero che non avrete difficoltà a dare a me un due per cento del vostro guadagno.

Pantalone. Oh, mi po ve parlo schietto. I cento scudi li voggio netti: de quelli no sperè un soldo. Andemo. Sè mio bon amigo, no ve voggio far aspettar.

Agapito. Andiamo pure.

Pantalone. Favorì. Vago avanti per insegnarve la strada, (parte)

Agapito. Avarone! indiscreto! Eppure conviene cascarci per forza nelle mani di questi usurai. (parte)