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IL VECCHIO BIZZARRO 489

SCENA VIII.

Ottavio e detti.

Ottavio. Non vi è nessuno che porti un’ambasciata?

Flamminia. Possibile che non vi sia nessuno?

Ottavio. Non vi è nessuno, signora. Compatitemi, se ho ardito di entrare. Premevami di vedere il signor Pantalone.

Pantalone. Son qua. Cossa me comandela?

Flamminia. Come sapevate ch’ei fosse qui?

Ottavio. Me l’ha detto il signor Celio. Ma, signora, la mia persona vi è molto odiosa, per quel ch’io vedo.

Flamminia. Eccolo il signor Pantalone; servitevi, se vi aggrada.

Ottavio. Una parola in grazia, signore, (tira in disparte Pantalone)

Clarice. (Si vede che il signor Ottavio non lo può vedere. Senz’altro è innamorata del signor Pantalone. Ora mi fa venir volontà di farla disperare davvero). (da sè)

Pantalone. Vegnì qua; contemela mo. Donca sior Martin...

Ottavio. Il signor Martino mi ha fatto un affronto in pubblico per causa vostra.

Pantalone. Per causa mia?

Ottavio. Sì signore. I zecchini che voi gli avete pagati per me, dic’egli che calano venti grani, e pretendeva ch’io glieli barattassi. Ha pubblicato alla presenza di mezzo mondo, che ho perduto sulla parola. Che voi avete pagato per me. Che ho impegnato l’anello. E dicendogli che, se i zecchini calano, venga a farsi risarcire da voi, ha detto che siete un prepotente, un bulo, un uomo che vuol vivere con soverchieria.

Pantalone. De mi l’ha dito sta roba?

Ottavio. L’ha detto; ed ha soggiunto che ha coraggio per sostenerlo.

Pantalone. Non occorr’altro. Ho inteso.

Ottavio. Ve la passerete voi senza risentimento?

Pantalone. Ho inteso.

Ottavio. Io avrei cambiati volentieri a colui li zecchini calanti, ma sapete il mio stato...