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IL VECCHIO BIZZARRO | 485 |
Pantalone. (Adesso la me minchiona). (da sè) Nevvero, patrona? Xe cent’anni che no se vedemo. Quanti minuti xe passai da sta mattina a stassera?
Clarice. Quando si ha della premura, le ore paiono secoli.
Pantalone. (E tocca via). (da sè) E per questo anca mi ziro e reziro come l’ave intorno al miel. (Botta de remando). (da sè)
Flamminia. Sarete venuto, signor Pantalone, per fare una visita alla signora Clarice.
Pantalone. Se gh’ho da dir la verità....
Flamminia. Spiacemi che l’abbiate ritrovata qui col disagio della mia compagnia; ma mi ritirerò per non disturbarvi.
Clarice. (Ora ci ho gusto). (da sè)
Pantalone. Anzi, patrona, voleva dirghe che son qua per parlar con ela.
Flamminia. Eh no, signore; ci conosciamo.
Pantalone. (Siestu malignazza! Anca questa la finze de esser zelosa. Le me tol per man, come va, ste patrone; ma no le ha da far con un orbo). (da sè)
Clarice. Signor Pantalone, se avete de’ segreti colla signora Flamminia, comodatevi, io partirò.
Pantalone. La me vol privar delle so grazie? La me vol lassar cussì presto?
Clarice. Quando poi la mia presenza non vi dia noia, resterò per compiacervi.
Pantalone. La me consola, la me rallegra, la me fa respirar.
Clarice. (Il vecchio si scalda). (da sè)
Pantalone. (Le pago coll’istessa monea). (da sè)
Flamminia. Orsù, signori miei, io non ho da essere testimonio de’ vostri vezzi.
Pantalone. Son qua per ela con tutto el cuor. (a Flamminia)
Flamminia. Il vostro cuore è impegnato.
Pantalone. Gh’ala nissuna premura per el mio cuor?
Flamminia. Come potete voi dire d’essere qui venuto per me?
Pantalone. Ghe dirò. Ho trovà so sior fradello, el m’ha dito certe cose, certe parole... che no le capisso ben.