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474 | ATTO SECONDO |
Pantalone. Cossa vorla dai fatti mii?
Flamminia. Giacchè con tanta bontà v’interessate per le mie premure, per i vantaggi miei, soffrite ancora per un momento.
Pantalone. Son qua, la diga, la comanda. Farò tutto per obbedirla. (Squasi, squasi con questa me butteria, ma no ghe credo; le xe tutte compagne). (da sè)
Flamminia. Possibile che per me non si ritrovasse in Venezia un accasamento decente?
Pantalone. Perchè no? El se poderave trovar con facilità.
Flamminia. La mia dote non è molta, ma io non aspiro a grandezze.
Pantalone. Diesemile ducati no i xe tanto pochetti. (Par che la gh’abbia i più bei sentimenti del mondo; ma se pol dar che la finza.) (da sè)
Flamminia. Non amo il gran mondo; mi basterebbe trovar un marito che avesse per me della bontà, dell’amore, della tolleranza.
Pantalone. (Oh che belle parole! Ghe voggio dar una provadina). (da sè)
Flamminia. Ma, signore, v’annoiano forse i miei ragionamenti?
Pantalone. Siora no, anzi la me dà piaser. La diga, cara ela, come lo voravela sto novizzo? Vecchio? Zovene?
Flamminia. Di gioventù non mi curo. Gli uomini assennati fanno sperare miglior destino.
Pantalone. La mia età, per esempio, ghe comoderà vela?
Flamminia. Ottimamente, signore.
Pantalone. (T’ho capio; oh che furba!) (da sè) Un uomo della mia condizion saravelo el so caso?
Flamminia. Così il cielo me lo concedesse.
Pantalone. (Oh che drettona!) (da sè) Mi donca no ghe despiaserave?
Flamminia. A chi potrebbe dispiacere un uomo della vostra sorte?
Pantalone. Me despiase che son vegnù a parlar per un altro; da resto, se me fusse lecito de parlar per mi...
Flamminia. (S’alza) Signore, quantunque desideri d’esser contenta col mio accasamento, non intendo però di volermelo procurare senza l’assenso di mio fratello. Permettetemi che seco parli;