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IL VECCHIO BIZZARRO 461

SCENA V.

Camera in casa di Celio.

Celio solo.

In verità sono obbligato al signor Pantalone. Sono stato allegro; ho mangiato bene. Mi sono divertito, e non ho avuto alcun male. La compagnia, l’allegria, un poco di vino buono mi ha dato la vita. Da qui innanzi voglio regolarmi così. Non voglio medici, non voglio medicine; vuò stare allegro, non voglio abbadare a niente. Non mi voglio mai più tastare il polso. Ora dovrebbe essere più vigoroso. (si tasta) Buonissimo, fortissimo; e quest’altro? (si tasta l’altro polso) Ugualissimo. Non ho più niente di male. Quando i polsi battono in questa maniera, convien dire che si sta bene. Ora lo tasto per consolarmi. (seguita a tastarsi i polsi)

SCENA VI.

Clarice e detto.

Clarice. (Ecco mio zio che si tasta il polso; vuò divertirmi alle di lui spalle). (da sè)

Celio. (Questa botta non ha corrisposto... Eh, niente niente. Sto bene). (da sè)

Clarice. Signor zio, come si sta?

Celio. Benissimo, nipote mia, benissimo. Non ho più male, parmi di essere ringiovenito.

Clarice. Me ne rallegro davvero. Da che deriva questa bellissima novità?

Celio. Deriva dal mio carissimo amico signor Pantalone. Egli mi ha condotto all’osteria con una compagnia di galantuomini allegri; e ci siamo divertiti, e sto bene.

Clarice. Dunque è vero che i vostri mali sono immaginari?

Celio. Non so che dire. Non parliamo di male. Ora sto bene, e non voglio sentire malinconie.