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460 | ATTO SECONDO |
Ottavio. A Livorno. Parmi d’avervelo detto un’altra volta.
Pantalone. Sarà, no me recordava.
Ottavio. Altri che voi, signor Pantalone, non può nello stato in cui sono...
Pantalone. No ve dubitè; lassè far a mi.
Ottavio. Voi mi potete aiutar con poco.
Pantalone. Lo farò senz’altro.
Ottavio. Per ora mi vorrebbe almeno la somma...
Pantalone. Anderò mi da siora Flamminia. Ghe parlerò in bona maniera, e vederè che la se giusterà anca ela.
Ottavio. Non parlo di questo...
Pantalone. E ghe leverò dalla testa le cattive impression, che contra de vu ghe sarà stà fatto.
Ottavio. Caro signor Pantalone, ascoltatemi.
Pantalone. Za ho inteso tutto.
Ottavio. Il mio bisogno sarebbe...
Pantalone. Vedo anca mi, che sta dota ve poderia comodar.
Ottavio. La dote è una cosa lontana. Ma il mio presente bisogno...
Pantalone. L’aggiusteremo.
Ottavio. Aiutatemi, signor Pantalone...
Pantalone. Vago subito in sto momento.
Ottavio. L’anello, signor Pantalone...
Pantalone. El xe in tele mie man, e no dubitò gnente.
Ottavio. Ma il danaro...
Pantalone. Me lo darè, quando che poderè.
Ottavio. Ora mi premerebbe d’avere...
Pantalone. No pensemo a malinconie. Vago a parlar co la putta.
Ottavio. Ascoltatemi.
Pantalone. Ho inteso tutto. Parleremo, se vederemo. Sioria vostra. (parte)
Ottavio. Non ho danari, non ho danari. Sioria vostra. Non ho danari. (parte)