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IL VECCHIO BIZZARRO 443

Flamminia. E per questo volete voi risolutamente partire?

Florindo. Sì, per troncare con esso lui l’amicizia ed il trattato delle vostre nozze.

Flamminia. Tutto ciò si può fare per altra strada, senza lasciar Venezia.

Florindo. La vostra resistenza mi sollecita ancora più. Voi amate Ottavio, e il vostro amore potrebbe...

Flamminia. No, fratello, ascoltatemi. Se ho aderito alle nozze di Ottavio, non l’ho fatto che per compiacer voi medesimo. Eravate in Livorno due buoni amici. Mi fu proposto da voi; ed io che vi amo, e che vi tengo in luogo di padre, mi sono fatta una legge del piacer vostro. Se ora Ottavio non è più vostro amico, se di me non lo credete voi degno, sta in vostra mano lacerare il contratto, escluderlo dalla nostra conversazione, assicurandovi ch’io lo scancellerò dalla mia memoria.

Florindo. Flamminia, compatitemi, se questa sì umile rassegnazione mi pone in qualche sospetto.

Flamminia. Che potete voi di me sospettare?

Florindo. Che amando violentemente Ottavio, vogliate ottenere dalla indifferenza palliata quello che dubitate di perdere col manifestare l’affetto vostro.

Flamminia. Florindo, voi fate torto alla mia sincerità. Non avete motivo di dubitare di me. Sono sei anni, che avvezzo siete a disporre dell’arbitrio mio.

Florindo. Qual altro rincrescimento potete voi avere di qui partendo, oltre quello di abbandonare un amante?

Flamminia. Credetemi, fratello mio, che più di lui mi dispiacerebbe lasciar Venezia.

Florindo. Scusa ridicola, sorella mia.

Flamminia. Se non vi dico il vero, possa morire.

Florindo. Potrebbe darsi un altro accidente.

Flamminia. E quale?

Florindo. Che foste invaghita di qualche bel Veneziano.

Flamminia. Possibile che di noi donne abbiano sempre gli uomini da pensare sinistramente? Non siamo noi d’altro amore capaci,