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436 | ATTO PRIMO |
SCENA VIII.
Traccagnino con acqua, e detti.
Traccagnino. Son qua coll’acqua.
Pantalone. Da cossa far?
Celio. Da bevere per me.
Pantalone. Eh, che l’acqua imarzisce i pali. Gh’aveu vin de Cipro in casa?
Celio. Ne ho; ma non ne beverei per tutto l’oro del mondo.
Pantalone. Se no ghe ne beve vu, ghe ne bevo mi. Porta del vin de Cipro. (a Traccagnino)
Traccagnino. Questo l’intende meio del me patron. (parte.)
Celio. L’acqua non volete ch’io la beva?
Pantalone. Sior no. Aspettè un poco.
Celio. (Sì tocca il polso.)
Pantalone. Velo là col polso in man.
Celio. Non mi tocco niente io.
Pantalone. E cussì, vegnìu a disnar con nu?
Celio. Se non avessi paura che mi facesse male.
Pantalone. Lasseve governar da mi, no ve dubitè gnente.
Celio. Ma avvertite che voglio bever acqua.
Pantalone. Lasseve regolar da mi.
Traccagnino. Ecco qua el vin de Cipro. (Traccagnino torna con una bottiglia)
Pantalone. Lassè véder, e andè a buon viazo. (versa il vino nel bicchiere)
Traccagnino. De sto medicamento ghe ne vôi anca mi. (parte)
Pantalone. Se ve dasse sto gotto de vin, lo beveressi?
Celio. Io no.
Pantalone. E se ghe mettesse drento un secreto che gh’ho per el vostro mal, lo torressi?
Celio. Se fosse un medicamento, lo prenderei.
Pantalone. Aspettè; no vôi che vedè cossa che ghe metto. (Si volta, e finge mettere nel bicchiere qualche cosa, versando dell’altro vino.)