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IL VECCHIO BIZZARRO | 435 |
Pantalone. Quattro rane, una più bella dell’altra.
Celio. Va bene?
Pantalone. Sì, el va ben. No gh’ave gnente a sto mondo.
Celio. Sentite quest’altro.
Pantalone. Aspettò, che ve tasterò el polso dove che stè pezo.
Celio. Dove?
Pantalone. Qua, compare. (gli mette una mano sulla fronte)
Celio. È calda la fronte?
Pantalone. I sbazzega1. (scuotendogli il capo)
Celio. Non fate così, che le cervelle si possono distaccare dal cranio.
Pantalone. Amigo caro, me xe sta dito, che stè poco ben, e son vegnù a posta per farve varir.
Celio. Come?
Pantalone. Vegnì con mi.
Celio. Da qualche medico forse?
Pantalone. Sì ben: da un miedego che ve varirà.
Celio. Questo signore non potrebbe venir da me?
Pantalone. Non potrebbe.
Celio. E dove sta?
Pantalone. Poco lontan: al Salvadego2.
Celio. Al Selvatico? All’osteria?
Pantalone. Sì ben, e saveu cossa che ha da esser el vostro medicamento? Magnar, bever, e star allegramente con quattro galantomeni, e vu, che fa cinque.
Celio. Ci verrei volentieri, ma ho paura.
Pantalone. Paura de che?
Celio. Non istò bene. (si tasta il polso)
Pantalone. È sempre col polso in man. Se farè cussì, deventerè matto.