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434 | ATTO PRIMO |
Traccagnino. Mi no lo trovo.
Celio. Povero me! Cercalo; senti bene.
Traccagnino. Mi no sento gnente.
Celio. Ah Traccagnino, per carità, va a chiamare il medico.
Traccagnino. Vorla el specchio?
Celio. No... sì... lascia vedere. Non ci vedo. Mi viene qualche gran male. Presto un cerusico.
Traccagnino. Dove l’oio d’andar a cercar?
Celio. Mi manca il respiro. Portami qualche cosa.
Traccagnino. Cossa gh’oi da portar?
Celio. Un bicchier d’acqua. Presto, che non posso più.
Traccagnino. (Sia maledetto i matti). (da sè, e parte)
Celio. Sento che non posso nemmeno parlare. Mi s’ingrossa la lingua.
SCENA VII.
Pantalone e Celio.
Pantalone. Amigo, se pol vegnir?
Celio. Ah, il cielo vi ha mandato.
Pantalone. Cossa gh’è de niovo?
Celio. Tastatemi il polso.
Pantalone. Semo qua colle solite rane.
Celio. Voi non mi credete, ed io mi sento un gran male. Tastatemi il polso per carità.
Pantalone. Con quel muso?
Celio. Ma se ora casco; se non ho più polsi. (tastandosi)
Pantalone. Lassè sentir mo.
Celio. Tenete. (gli dà il polso)
Pantalone. Oh bello! (tastandolo)
Celio. Ah?
Pantalone. Oh caro!
Celio. Che?
Pantalone. Una, do, tre e quattro. (come sopra)
Celio. Quattro, che?