Saixon. Che ha Jacob, che mi pare turbato più che mai?
Jacobbe. Autor di versi indegni presso Milord passai.
Saixon. In materia di versi anch’io son fortunato;
In grazia di madama, son stato regalato.
(fa vedere un foglio)
Volete divertirvi? Or ve li manderò.
M. Saixon. Non vo’ che li mandiate.
Saixon. Ed io li getterò.
(getta il foglio nella strada)
Jacobbe. (Lo va a raccogliere, e lo porta a Milord.)
M. Saixon. Vedrete dei spropositi scritti da un babbuino;
Basta dir che di quelli è autor monsieur Lorino.
Milord. Lorino autor di questi? (a madama Saixon)
M. Saixon. Li ha fatti non è un’ora.
Milord. Dunque l’autor Lorino è di quegli altri ancora.
Date quel foglio a me. (a Jacobbe) Confronta in eccellenza.
M. Brindè. Anche in ciò di Jacobbe è nota l’innocenza.
Chi mai potè accusarlo di critico insolente?
Milord. Attendete. Gioacchino. (chiama, accostandosi al caffè)
M. Brindè. (A Jacobbe) Che mai gli cade in mente?
Jacobbe. Si vedrà.
Gioacchino. Che comanda?
Milord. Panich si è qui veduto?
Gioacchino. Egli è per l’altra parte questa sera venuto.
Milord. Venga qui.
Gioacchino. Sta trattando delle faccende sue
Col vecchio Emanuelle.
Milord. Vengano tutti due.
(Gioacchino parte)
Madama, non diceste che questi versi arditi
Da un vil filosofastro furono partoriti?
(a madama Saixon)
Di chi parlaste allora?
M. Saixon. Di quelle rime belle
L’autore io mi credea che fosse Emanuelle.