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396 | ATTO QUINTO |
Milord, cognata mia, volete favorire?
Milord. (Sì cava il cappello senza parlare.)
M. Brindè. Al vostro dolce invito, signor, sono obbligata.
SCENA XVI.
Madama Saixon sulla loggia, e detti.
Saixon. (Eccola qui). (da se)
M. Saixon. E a quest’ora?
Saixon. Un tondo anche per lei.
(al servitore)
M. Saixon. Scoperti, ed a quest’ora, sol cenano i plebei.
Pure sarò forzata mangiar per la paura
Che non facessi poi patir la creatura.
(Il servitore dà una sedia a madama Saixon, e le porta l'occorrente.)
SCENA XVII.
Jacobbe dal libraio, ed i suddetti; poi Gioacchino.
M. Brindè. Milord è che vi vuole. (si alza)
Jacobbe. Signor, sono da voi.
Milord. Brevissime parole.
Di questi versi indegni siete l’autor creduto.
Scolpatevi, (gli dà il foglio con i versi scritti contro di lui)
Saixon. Milord, io bevo e vi saluto.
Milord. (Sì cava il cappello.)
Jacobbe. (Legge piano i versi.)
M. Brindè. (Stelle, che sarà mai?) (da sè)
Jacobbe. Signor, io vi assicuro
Che tai versi non feci.
Milord. Giuratelo.
Jacobbe. Lo giuro.