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IL FILOSOFO INGLESE 393
E se per me l’opprime di una vendetta il pondo,

Io son la debitrice della sua vita al mondo.
Milord, che d’ira acceso più che di amore ha il seno,
Lontan vuol ch’egli vada dall’anglico terreno.
Milord di cui non vidi un’anima più ardita,
Minaccia, s’ei non parte, di togliergli la vita.
Amor ciò non risveglia, ma provoca il dispetto....
Milord. Dunque mi odiate. (altiero)
M. Brindè.   Aspetti, chi vuol saperlo.
Milord.   Aspetto.
M. Brindè. Signor, che da Jacobbe, che da me si pretende?
Oltre il confin del giusto vostro voler si estende;
Ma prevaler se deve l’ardir, la prepotenza,
In noi ritroverete rispetto ed obbedienza.
Jacob non sarà mio, di ciò ve ne assicuro,
Non sarò di Jacobbe, a tutti i numi il giuro.
Bastavi ancor? Non basta: deggio esser vostra, è vero?
Lo sarò, della mano vi concedo l’impero;
Ma il cuor se pretendete, voi lo sperate invano, (si alza)
Non merita il mio cuore un barbaro inumano.
Di nozze dispettose, signor, se siete vago,
Eccovi la mia destra, sposatemi, vi appago.
Sfogate dell’orgoglio l’irascibile foco.
Se vostra mi volete, vostra sarò per poco.
Se a forza strascinata vedrommi al vostro letto,
Mi ucciderà, lo spero, la pena ed il dispetto:
E se natura ingrata mi riserbasse in vita,
Milord, son nata inglese, son di alma forte e ardita.
So la via di sottrarmi. Basta; voi m’intendete.
Pensateci. Son vostra, se tal mi pretendete.
Milord. Madama...