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380 ATTO QUARTO
Alfin che può temersi dal cavaliere irato,

Che l’ha senza ragione sinor perseguitato?
In Londra i mercatanti son del governo in stima,
Non lascian che dal grande il misero si opprima:
Si venera e si apprezza il nome vostro, e passa
Per un de’ primi nomi nella Camera Bassa.
Non si farà un affronto a un uom che più di cento
Voti dispone e guida ei sol nel Parlamento.
Lode ne avrete e pregio; che alfin giustizia è quella
Che a prò di un infelice vi stimola ed appella.
Un filosofo saggio, un uom che tanto vale,
Che a tutti fa del bene, che a niun sa far del male;
Un uom di sè contento, che sprezza i beni e l’oro,
Che sol nella virtute riposto ha il suo tesoro;
Che vive parcamente in bassa condizione,
Perchè non sa valersi di falsa adulazione,
Questa è ben opra degna, signor, del vostro cuore:
Serbategli la vita, serbategli l’onore.
L’uno e l’altra s’insidia dal suo nemico fiero,
Difenderlo, salvarlo potete, ed io lo spero.
Fatelo, generoso, con viscere di amore,
Muovasi a compassione il vostro amabil core.
Usate a prò di lui la caritade, il zelo,
E certa vi promette la ricompensa il cielo.
M. Saixon. (Non sa parlar, meschina! Sentiam cosa risponde).
Saixon. (Facciasi il ben, se giova). Jacob dove si asconde?
M. Brindè. Ei sarà qui a momenti. Lo disse, ed io l’aspetto.
Saixon. Venga pur; ricovrarlo, difenderlo prometto.
M. Saixon. Piano, signor marito, che cosa è questo imbroglio?
Jacobbe in casa nostra? In casa non lo voglio.
M. Brindè. Oimè!
Saixon.   Come ci entrate? Sono il padron sol io.
M. Saixon. Non ci verrà, lo giuro.
Saixon.   Sì, ch’egli venga. Addio.
(alla Brindè, ed entra in casa)