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358 ATTO TERZO
Madama vuol Jacobbe, per lui fa cose strane;

La serva e la sorella le fanno le mezzane.
Correggo i loro vizi, ricordo la modestia,
Minacciano, mi sgridano, rispondono da bestia. (parte)

SCENA XIII.

Milord Wambert.

Più dell’amor mi punge l’onor, lo sdegno il petto;

Madama con Jacobbe mi perdono il rispetto.
Noi non sappiamo in Londra, al volgo superiori,
I torti impunemente soffrir degli inferiori.
Vo’ vendicarmi, e voglio cercare una vendetta
Che pari sia all’offesa, ma da ragion diretta.
Mi accende in un momento talor furore e sdegno;
Misero allor chi fosse di mie vendette il segno.
Ma la ragion ponendo ai primi moti il freno,
Tempo a risolver prendo, e non mi pento almeno.

SCENA XIV.

Jacobbe Monduill dal libraio, e detto.

Jacobbe. (Ecco milord, che a torto m’insulta e mi minaccia.

Lo compatisco. Amante non sa quel che si faccia), (da sè)
Milord. (Viene il ribaldo. Ah, sento un di quei moti al cuore.
Meglio sarà che io parta. Si accende il mio furore).
(da sè, in atto di partire)
Jacobbe. Signor. (chiamando Milord)
Milord.   Meco ragioni?
Jacobbe.   Bramo parlar con voi,
Se farlo mi è permesso.
Milord.   Parla. Da me che vuoi?
Jacobbe. Possibile che a un tratto un cavalier gentile
Cambiato abbia costume con chi gli parla umile?