M. Brindè. Milord non vi saluta.
(a Jacobbe)
Jacobbe. D’altro sarà occupato.
(alla Brindè, e legge piano)
M. Saixon. Milord, che avete voi? parete stralunato.
Milord. Nulla, madama.
M. Saixon. Io gioco che siete un po’ geloso.
Lorino. Ho scritto in tal proposito un foglio portentoso.
Faccio toccar con mano, ch’è pazzo quel meschino
Che sente gelosia.
M. Saixon. Bravo, monsieur Lorino.
Udiste? (a Milord)
Milord. (Sono stanco). Madama, perdonate. (s’alza)
M. Saixon. Dove, milord?
Milord. Passeggio.
Lorino. Eh via, non gli badate.
(a madama Saixon)
Milord. (Passeggia, si accosta all’altra panca, e siede colla schiena
verso la Brindè. Poi si alza, la saluta, e torna a sedere.
M. Saixon. Ehi, che caricatura! (piano a Lorino)
Lorino. (Mi serve di un articolo,
Per mettere in un foglio che ha da riuscir ridicolo).
(alla Saixon)
Jacobbe. Bravissima; si vede ridotto a perfezione
Il calcolo di altezza, e quel di dimensione.
Milord. (Si volta osservando la Brindè e Jacobbe, poi torna come prima.)
M. Brindè. Torvo milord vi guarda. (ad Jacobbe)
Jacobbe. Vel dissi, egli è invaghito.
M. Brindè. Di chi?
Jacobbe. Di voi.
M. Brindè. Che grazia! Sarebbe un bel marito!
M. Saixon. Milord, per quel ch’io vedo, soffrite troppa pena;
Riguardo non abbiate a volgermi la schiena.
Se amate mia sorella, voltatele la faccia,
Per me, se vi gradisce, dirò buon pro vi faccia.
Milord. (Oh lingua maledetta!) (si alza)