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IL FILOSOFO INGLESE 341
Milord. Un uom che va ramingo, lontan dal suo paese,

Soffre gl’insulti ancora in grazia delle spese.
Lorino. Milord, mi maraviglio, non sono un disperato.
In Londra, come gli altri, anch’io sono impiegato.
Anch’io sono un di quelli che scrivono gazzette,
Che formano i Mercuri, che fan le novellette.
Coi critici miei fogli spesso mi faccio onore,
Li stampo sotto il nome anch’io di Spettatore.
Un ne ho stampato ieri, che un dì farà prodigi:
Ei parla delle mode che vengon da Parigi.
Colà si veste bene, colà ben si lavora,
E veniran fra poco di là le scarpe ancora.
Milord. (Dunque del foglio ardito Jacob non è l’autore!)
In ciò de’ suoi nemici conoscesi il livore). (da sè)
M. Saixon. Per me son persuasa. Di Francia han da mandarmi
La seta per cucire e l’acqua da lavarmi.
Milord. Monsieur, del foglio vostro di già parlar s’intese:
Si vede, si conosce ch’è lo scrittor francese.
Londra non abbisogna di mode forestiere,
Ciascun degli operari sa fare il suo mestiere.
Nascono in Inghilterra nuovi lavori e strani,
Noi provediamo al lusso de’ popoli lontani;
Ma l’aborrire il fasto, le gale e l’ambizione,
Opra è del moderato spirto della nazione.
Lorino. Eh via, che l’Inghilterra...
M. Saixon.   Basta, vecchietto mio,
Parlate con rispetto: son d’Inghilterra anch’io.
Milord, voi eravate vicino al nostro tetto.
Qual ragion vi conduce?
Milord.   La stima ed il rispetto.
M. Saixon. Oh signor, troppo onore fate a una vostra serva,
(inchinandosi)
Che stima, che rispetto egual per voi conserva.
Se favorir volete, torniam; monsieur Lorino
Potrà, se ha qualche affare, andar pel suo cammino.