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336 ATTO SECONDO
Madama è gentilissima, spiegatevi con lei.

Milord, cotali uffizi non son da pari miei.
(entra nella bottega del libraio)

SCENA II.

Milord Wambert solo.

Nè son per i tuoi pari, simulatore insano,

Di madama Brindè la stima, il cuor, la mano.
È ver, del merto mio la sola unica scorta,
Di quell’audace ad onta, può farmi aprir la porta.
Nè chiesi a lui per questo di procurar l’accesso;
Ma per potergli il cuore esaminar dappresso.
Scaltro ricusa, e sfugge il periglioso impegno;
Ecco della sua colpa, ecco verace il segno.
(passa alla bottega del caffè)

SCENA III.

Emanuel Bluck, maestro Panich dal caffè, ed il suddetto.

Emanuel. Critica in questo foglio sol noi lo Spettatore.

Panich. Gioco un paio di scarpe, che n’è Jacob l’autore.
Milord. Merita una vendetta l’affronto del ribaldo;
La penserò, ma prima vo’ che si scemi il caldo.
Decidere saprei qual merta in sul momento,
Ma su la mia passione le satire pavento.
Oggi non puossi in Londra trarsi un capriccio solo,
Che dalla città tutta non sappiasi di volo.
Sonovi stipendiati de’ scaltri osservatori,
Che stampano di tutti le favole e gli errori.
Util costume, è vero, che al pubblico ha giovato,
Ma che in angustia pone l’arbitrio del privato.
Emanuel. Milord, buon giorno a te.
Milord.   Buon giorno, Emanuel mio.
Panich. Milord, voltati in qua. Ti do il buon giorno anch’io.