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IL FILOSOFO INGLESE 335
Milord. L’amor, lo sdegno mio non irritar cercate;

Scegliete il vostro meglio, e me non nominate.
Jacobbe. Deh lasciate che possa, milord, senza sdegnarvi,
A pro dell’onor vostro l’amor mio ragionarvi.
Della vedova in casa andar più non degg’io;
Voi l’imponete, e questo bastar dee al dover mio.
Ma se il comando vostro nascondere cercate,
Di un tal comando è segno che voi vi vergognate.
Doppia di tal vergogna può esser la ragione:
O perchè voi non siete della Brindè il padrone;
O perchè, per esporre ai torti un uomo onesto,
Scarsissimo è il motivo, ridicolo è il pretesto.
Signore, in ogni guisa io taccio, e vi obbedisco;
Ma ingiusto è il voler vostro, ma per voi arrossisco.
Milord. Jacob, qui non è d’uopo di argomentar sul fatto;
Giusto, sincero, onesto vi crederò ad un patto.
L’accesso con madama facile avete ogn’ora;
Ditele che milord la venera e l’adora.
Ma no, megli’ è1 ch’io stesso le dica i sensi miei.
Andiamo; in questo punto guidatemi da lei.
Voi, se fia ver che amiate più il mio che il vostro bene,
Datele quel consiglio che all’amor mio conviene.
Per me colle ragioni svegliate in lei l’affetto;
Parlate al di lei cuore, parlate all’intelletto.
Se in voi costanza vera in tal cimento i’ vedo,
Dileguasi il sospetto; Jacob, tutto vi credo.
Jacobbe. Rispondere, signore, a ciò mi fia permesso,
Che un cavalier per tutto ha libero l’accesso.
Di essere bene accolto da lei sicuro siete,
Di scorta e introduzione bisogno non avete.
Quella è la porta sua; si picchia, e poi si sale;
Sono, se nol sapete, brevissime le scale.

  1. Nelle edd. del Settecento è stampato me gl’è.