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IL FILOSOFO INGLESE 321
È degli amici suoi scorno e vergogna estrema,

Che la necessitade lo circondi e lo prema.
Meco vivrà Jacobbe. Vo’, per quanto a me lice,
Formar la sua fortuna, vo’ renderlo felice.

SCENA IV.

Emanuel Bluk e detto, poi Gioacchino.

Emanuel. Gioacchino. (chiama)

Gioacchino.   Che comanda? (esce dalla bottega)
Emanuel.   Vi è dello Spettatore
Foglio verun stamane?
Gioacchino.   L’abbiamo. Sì signore.
Emanuel. Portalo.
Gioacchino.   Anche il Mercurio porterò, se lo vuole.
Emanuel. Non lo voglio. Non perdo il tempo in cotai fole.
È la filosofia mio nume e mio diletto.
Voglio lo Spettatore.
Gioacchino.   Vel porterò.
Emanuel.   Ti aspetto.
Gioacchino. (Vuol di filosofia parlare un argentiere.
Quanto farebbe meglio badare al suo mestiere!)
Milord. Emanuel Bluk, che fate?
Emanuel.   Oh milord, ti saluto.
Pensavo a gravi cose: non ti avevo veduto.
Milord. (Un’altra specie è questa di filosofi strani.
Il tu lo danno a tutti: lo danno anche ai sovrani).
Gioacchino. Ecco il richiesto foglio. (a Emanuel)
Emanuel.   Bene.
Gioacchino.   Ed or, se volete,
Vi porterò il caffè.
Emanuel.   Non bevo senza sete.
(Gioacchino si ritira nella sua bottega)
Milord. Il caffè non per sete, amico, si vuol bere,
Ma per trattenimemto, per uso e per piacere.