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IL FILOSOFO INGLESE 319
Milord. E pur...

Jacobbe.   Perdon vi chiedo. Chi di madama il merto
Dipinse al vostro cuore?
Milord.   Il comun grido.
Jacobbe.   È incerto.
Ragionaste con lei?
Milord.   Sì, favellar L’intesi.
Star de’ più dotti a fronte l’ho ammirata, e mi accesi.
Jacobbe. Signor, se l’ammiraste, se vi accendeste a un tratto,
Fu da virtù straniera vostro cuor sopraffatto.
Ma quella donna istessa, che un dì vi piacque tanto,
Vi spiacerebbe allora quando l’aveste accanto.
Bello è il veder la donna in mezzo a dotte genti
Sostener le questioni, risolver gli argomenti;
Ma in casa ad un marito non piacerà il sussiego,
Con cui le letterate soglion risponder: nego.
Deve bramar lo sposo sposa che senta amore,
Non che a indagar si perda la cagion dell'amore;
Non tal, che del marito deluda l’intenzione,
Parlandogli nel letto d’impulso e d’attrazione.
Milord. Vi ho inteso.
Jacobbe.   Io non vorrei...
Milord.   Basta così. Son pago.
Scancellerò dal petto di madama l’imago.
Jacobbe.   Siete convinto?
Milord. Il sono: ogni consiglio approvo,
Quando da ragion vera sostenuto lo trovo.
La spada, il canto, il ballo finor fur mio diletto;
Madama ad altre scienze consacrò l’intelletto.
È ver ch’ella mi diede piacer coi sillogismi,
Ma le ragioni in casa mi parerian sofismi.
Grazie vi rendo, amico, uomo di cuor sincero,
Filosofo discreto, conoscitor del vero.
(Fa un saluto a Jacobbe, e passa alla bottega del caffè, sedendo sopra una panca, dove Gioacchino gli porta il thè.