Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/307


NOTA STORICA


Sulla traccia vagamente accennata dalla Premessa, rammentiamo qui Les comédiens par hazard di Guelette, recitata al Théâtre Italien nel 1718 (Le nouveau théâtre italien etc. Paris, Briasson, 1733, vol. 1, p. 66 segg.; Dictionnaire portatif des théâtres. Paris, 1754, p. 88), non per affinità alcuna d’intreccio, ma perchè là, come in questa Cameriera brillante, certe nozze avversate da Pantalone si concludono mercè una commedia recitata al suo castello. Più stretti rapporti potrà avere con la nostra la Commedia in commedia, inedita nello Zibaldone comico, trascritto da A. Passanti, che si conserva alla Nazionale di Napoli. «In questa commedia — riferisce Marietta Ortiz — al secondo atto, Silvio e Celia, Orazio e Cintia, due coppie d’innamorati, fingono di rappresentare una commedia la quale corrisponde così bene alla realtà dei fatti, che il padre di Celia, Tartaglia, insospettito, chiede se quello che recitano faccia davvero parte della commedia... Anche nella Cameriera brillante del Goldoni accade alcun che di simile» (Il canone principale della poetica goldoniana. Napoli, 1905, p. 12).

Col Prodigo e la Gastalda ecco il terzo lavoro goldoniano che ha la scena in villeggiatura; e, dopo la Gastalda e la Donna vendicativa, pure il terzo, del quale sia protagonista una serva padrona. Di queste tre sorelle più forte e più viva la prima, specie nella veste veneziana esumata dall’edizione Bettinelli nella presente: simpatica solo Argentina. Lusinga anch’essa i tardi ardori del padrone; ma sa conciliare gl’interessi suoi e gli altrui guidando sè e le padroncine a desiate nozze. All’onesta e morbinosa servetta facilmente si perdonano le spiritose sue invenzioni. Così, checchè sembri al Nocchi, questa cameriera brillante rompe pure d’una nota buona e gioconda la «lunga e trista schiera di servette protagoniste» (Comm. scelte di C. G. ecc. Firenze, Le Monnier, 1895, p. XVIII).

Le desiate nozze saranno questa volta felici per Flaminia e Clarice? Potea la prima invaghirsi davvero d’Ottavio, vantatore ridicolo di grandezze sognate? L’altra di Fiorindo, zoticone degno d’albergare in qualche stalla? Esagerò il Goldoni nel rendere il contrasto che corre tra questi due personaggi, l’uno de quali è ricalco dell’Ottavio povero e superbo della Gastalda (come Traccagnino ripete Arlecchino); l’altro, abbozzato alla carlona, preannunzia la compagnia dei salvadeghi. Neppur le due fanciulle, prive di sentimento e di brio, destano interesse in modo alcuno. Alla frequente petulanza di queste sorelle goldoniane solo il dialetto aggiunge grazia e vivacità. Ma Clarice e Flaminia pur troppo «le xe stae arlevae da mio fradello a Livorno — spiega il loro babbo e per quello le toscaneggia». Anche Argentina, infedele alla sua vera patria, fantastica d’esser «nata toscana»! Quanto meglio se tutte e tre le femminette avessero rinunciato ai «slinci e squinci» così ostici al buon Pantalone! Bastano con tutto ciò a render di piacevole lettura oggi ancora questo lavoro l’abile sceneggiatura, il dialogo brioso e prima che altro la parte data alla commedia in commedia. Tutti, pur a traverso a un po’ di caricatura, avvertono l’arguta satira contenuta nelle due brevi giocondissime scene tra Argen-