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LA CAMERIERA BRILLANTE 295

Florindo. Già lo sapete: io non me ne ho a male di niente.

Clarice. Questa, fra i vostri difetti, è una buonissima qualità.

Pantalone. (Sentì come che i parla franco toscan; e mi fazzo una fadiga del diavolo). (da sè)

Argentina. Caro Brighella, fateci il piacere di suggerire.

Brighella. Son qua: a sto poco de resto. (si ritira)

Argentina. Caro signor Anselmo, se veramente mi volete bene, non avrete difficoltà a svelare in pubblico l’affetto vostro.

Pantalone. Sì, filgia, lo dico alla presenza di queste dame. Dise dame? (verso Brighella)

Argentina. Sì, signore, dice così.

Pantalone. Za la xe una comedia. E alla presenza di questi cavalieri. Ah? (ad Argentina)

Argentina. La commedia dice così.

Ottavio. E fuori della comedia, rispetto a me si dovrebbe dire così.

Argentina. Finiamola, signor Anseldfmo, per carità...

Pantalone. E alla presenza di tutto il mondo, dico che a questa fanciulla, alla quale ho consacrato il mio cuore, volgio porgere in olocaustico la mia mano.

Ottavio. In olocausto vorrete dire.

Argentina. Ed io, benchè nata una serva, non ho viltà di ricusare la mia fortuna. Accetto il generoso dono del mio padrone, ed anch’io gli porgo la mano.

Clarice. Piano, signorina.

Argentina. Questo piano non vi è nella parte sua.

Clarice. Ma non vorrei che bel bello...

Flaminia. A voi che importa? Terminiamo la scena. A chi tocca parlare?

Argentina. Tocca a lei per l’appunto. (a Flaminia)

Flaminia. Cavaliere, poichè conosco che le nobili vostre mire sono uniformi all’altezza dei miei pensieri, credo che il cielo ci abbia fatti nascere l’uno per l’altro; e però fatemi il dono della vostra mano, che in ricompensa vi esibisco la mia. (ad Ottavio)