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LA CAMERIERA BRILLANTE 293

Pantalone. Mo se me fe star zoso el fià.

Argentina. Dirò dunque, che la mia servitù...

Pantalone. Avanti.

Argentina. Principia ad essere amore.

Pantalone. A mi. Siccome il cielo mi concede la grada.... no, no digo ben, la grazia di potere ricompensare l’amorevole servitù di una fanciulla civile cinosura di questo ciglio. Così io son disposto, e pro... pro... proclive ad offerirvi la destra: non curando le ciarle dei sfaccendati, nè la cecità delli cianciatori... ci ci ciò ci ci ciò ci ci ciò... Son vostro, se volè, caro ben mio.

Argentina. Oh! questo non vi è nella parte.

Pantalone. Eh! se nol ghe xe, ghe lo metteremo.

Argentina. Tiriamo innanzi la scena.

Pantalone. Fazzo una fadiga da can.

Argentina. Voi dunque, signor Anselmo, non avreste difficoltà veruna di sposarmi.

Pantalone. No, cara fia, già ve l’ho detto.

Argentina. Ma prima di sposarmi, dovreste collocare le vostre figlie.

Pantalone. È vero. Approvo il consilgio di collocare le filgie, perchè vi è il perilgio di scompilgiare la mia familgia. Mo che diavolo de parole in il gio, in il gia, che me fa mastegar la lengua.

Argentina. Questa è una cosa che si potrebbe fare sul fatto.

Pantalone. Fazziamola, se pare a voi che si possa fare senza mettere le persone in orgasmo. Cossa diavolo voi dir orgasmo?

Argentina. Attendete un momento, che ora sono da voi.

Pantalone. Dove andate, bella fanciulla?

Argentina. Non mi dite bella, perchè mi fate arrossire.

Pantalone. Sì, sè bella, e sè le mie raise.

Argentina. E questo non vi è nella parte.

Pantalone. Ghe lo metto mi.

Argentina. Ora torno, signor Anselmo. (Bella cosa, che un matrimonio da scena si convertisse in un matrimonio da camera!) (da sè, e parte)