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292 | ATTO TERZO |
SCENA X.
Argentina e Brighella.
Argentina. Questa chiusa vale un tesoro.
Brighella. Vedeu? Questo succede, quando le parte non son bene adattade alle persone che le deve rappresentar.
Argentina. Sì; ma questo non succederebbe, se i rappresentanti fossero comici, e fossero in un teatro, dove sogliono dir tutto ciò che viene loro assegnato.
Brighella. Anca i comici in teatro, se no i dis a forte la so intenzion, i la dis a pian; e se la parte no ghe gradisse, sotto vose i se sfoga.
Argentina. Ecco il padrone. Ora viene la nostra scena. Suggeritela bene, perchè questa mi preme assai.
Brighella. Za la finirà come ha finido le altre. (si ritira)
SCENA XI.
Pantalone e detti.
Argentina. Venga, signor Anselmo, che mi preme parlar con lei.
Pantalone. Son qui, la mia cara gioia. Parlate pure con libertà. (pronunzia male il toscano)
Argentina. Veramente considerando ch’io sono una povera serva...
Pantalone. Non abbiate soggezione per questo. Se il cielo vi ha fatto nascere serva, avete cera civile, e mi piacete più di una cittadina, di quelle che cercano i cicisbei cincinnati. Oh che fadiga!
Argentina. Facendomi coraggio la di lei bontà... dirò... affidata alla sua gentilezza...
Pantalone. Via.
Argentina. Pregandola sempre di perdonarmi...
Pantalone. Animo.
Argentina. Sicura ch’ella possa avere dell’amore per me...
Pantalone. Mo via, destrigheve.
Argentina. Questo destrigheve non c’entra.