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268 | ATTO SECONDO |
Argentina. Siete un bel porco. (forte)
Traccagnino. Mi non ho sentido.
Florindo. Non me n’ho a male di niente, io. Da Argentina ricevo tutto.
Argentina. Via, dico, andate a tavola.
Florindo. Ma non sarebbe meglio che veniste voi da me con questo galantuomo...
Argentina. Siete aspettato dal signor Pantalone.
Florindo. Avete pur detto che ci sareste venuta.
Argentina. Se non andate, vi mando.
Florindo. Davvero. Ci ho del genio con voi.
Traccagnino. Anca mi gh’ho della simpatia co sta zovene.
Argentina. Se avete genio per me, andate subito dal signor Pantalone; andate, vi dico, non me lo fate dire un’altra volta, che mi farete montar in bestia.
Florindo. Vado, vado; per amor vostro ci vado. Fo più stima di voi, che di quante cuffie ci sono. (parte)
SCENA XIV.
Argentina e Traccagnino.
Traccagnino. E mi possio vegnir a disnar?
Argentina. Perchè no? Ve ne sarà ancora per voi.
Traccagnino. Andemo, donca.
Argentina. Aspettate.
Traccagnino. Gh’è qualche difficoltà?
Argentina. Non vi è difficoltà; ma vorrei una cosa da voi.
Traccagnino. Comandè; farò tutto. Per magnar non so cossa che no faria.
Argentina. Voi avete dello spirito, mi pare.
Traccagnino. Qualche volta son spiritoso. Specialmente quando ho ben magnà e ben bevù, son spiritosissimo.
Argentina. Vorrei fare una burla alla tavola dei padroni per divertirli: una di quelle burle che si sogliono fare in campagna