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LA CAMERIERA BRILLANTE 247

SCENA X.

Argentina e detti.

Argentina. Signori miei, che cos’è questo strepito? Questo è un fare all’amore all’usanza de’ gatti.

Clarice. Già vi mancava la dottoressa, che venisse un poco a seccarmi.

Argentina. Basta ch’io non secchi il signor Florindo.

Clarice. Come sarebbe a dire?

Argentina. Perchè, se ha d’ammogliarsi, non è dover che si secchi.

Clarice. Tu non parli, se non dici delle impertinenze.

Argentina. Che cosa dice il signor Florindo? Questo matrimonio quando si fa?

Florindo. Per quel che sento, non si farà più.

Argentina. No? Perchè mai? IL signor Pantalone lo desidera, e s’ha da fare.

Clarice. Il signor Florindo vuol per moglie una contadina.

Florindo. Io non dico di volere una contadina; ma una donna che faccia tutto quello che piace a me.

Argentina. Questa è una cosa giusta. La moglie s’ha da uniformare al marito.

Clarice. Sì, quando il marito non è di una stravaganza e di un gusto depravato, come il signor Florindo.

Argentina. Per esempio, signor Florindo, come vorrebbe ella che si contenesse la di lei sposa?

Florindo. Alla buona. Senza ricci, senza tuppè, senza polvere sul capo.

Argentina. Così spettinata, arruffata.

Florindo. Come si leva dal letto.

Argentina. Benissimo; con innocenza; senza artifici. La signora Clarice starà benissimo.

Clarice. Pare a te, scioccarella, ch’io volessi andare così?

Argentina. Perdoni, signora. (a Clarice) Favorisca, come vorrebbe che andasse vestita? (a Florindo)