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LA CAMERIERA BRILLANTE 241

Brighella. No la se dubita; la lassa far a mi.

Ottavio. Mi tratterrò in questi contorni, dove penso di comprare duemila campi. Intanto osserverò dove si può piantare un palazzo.

Brighella. (Una bagattella). (da sè) Lustrissimo, se la me pagasse da bever l’acquavita?

Ottavio. Sì, volentieri. (tira fuori la borsa, e versa i denari nella palma della mano, mostrandoli con affettazione) Ecco qui la borsa delle piccole monete: prendetevi quel che vi piace.

Brighella. La borsa delle piccole monete? Ghe son dei zecchini.

Ottavio. Tutte piccole monete: servitevi.

Brighella. (Squasi, squasi, torria mi...) (da sè)

Ottavio. Animo.

Brighella. Se togo un zecchin?...

Ottavio. Eh via, siete così timido? Tenete, così alla sorte, (gli dà una moneta, mostrando di non guardarla.)

Brighella. I xe do soldi, sala?

Ottavio. Amico, ci siamo intesi.

Brighella. Sta moneda...

Ottavio. È vostra. Quel che ha fatto la sorte, sia ben fatto. Portatevi bene, e metteremo mano alla borsa grande.

Brighella. Ma sta volta...

Ottavio. Se venissero qui i miei camerieri, i miei lacchè, i miei cocchieri, dite loro che sono poco lontano. (parte)

SCENA VIII.

Brighella, poi Traccagnino.

Brighella. Mo son pur sfortunà! EL tol a sorte della moneda, e vien su do soldi. Ma ho paura che el ghe veda assae colla coa dell’occhio; el me par un boccon de dretto! Basta, se posso, vôi rischiar de vadagnar sta doppia. No gh’è altro che Arzentina che sia capace de far far el vecchio a so modo; e per mi pol esser che la lo fazza. So che piuttosto la me vol ben. Chi è costù che no lo cognosso?