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238 | ATTO PRIMO |
Pantalone. Sior feudetario, m’ala capio? o no me vorla capir?
Ottavio. Circa a che?
Pantalone. Circa che in casa mia no voggio nissun.
Ottavio. Ho capito; vi riverisco.
Pantalone. Servitor umilissimo.
Ottavio. Un affronto simile non mi è stato fatto da chi che sia.
Pantalone. Mi no intendo de farghe affronto. In casa mia, la me compatissa, no vôi suggizion.
Ottavio. Ma se io non ve ne darò.
Pantalone. Ma se no voggio nissun.
Ottavio. Ditemi almeno il perchè.
Pantalone. Perchè mo anca, co la vol che ghel diga, gh’ho do putte da maridar...
Ottavio. A proposito delle figlie da maritare ho da parlarvi.
Pantalone. La parla.
Ottavio. Ma non adesso.
Pantalone. Quando donca?
Ottavio. Oggi, stassera.
Pantalone. Dove xela allozada?
Ottavio. In nessun luogo.
Pantalone. Oe, Brighella. Dove seu?
SCENA VI.
Brighella e detti.
Brighella. La comandi.
Pantalone. Inségneghe a sto signor dove xe l’osteria.
Ottavio. Ma io, signore...
Pantalone. La xe bona osteria; la vederà che la sarà ben trattada.
Ottavio. Dunque voi...
Pantalone. Sior feudetario, ghe son servitor. (In tel stomego). (da sè, e parte)