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236 | ATTO PRIMO |
Pantalone. Qua da mi mo, védela, se magna fasiòi1, carne de manzo, polenta...
Ottavio. Benissimo: vero pasto da campagna. Mi piace infinitamente, e la compagnia è il miglior condimento del mondo.
Pantalone. E quel che me piase a mi, xe magnar solo, senza suggizion de nissun.
Ottavio. Oh sì, la soggezione è la peggior cosa del mondo. Io, dove vado, non ne do e non ne prendo.
Pantalone. Mi mo son cussì de sto cattivo temperamento, che me togo suggizion de tutti.
Ottavio. Bisogna distinguere. Di me, per esempio, non vi avreste da prendere soggezione.
Pantalone. Oh, la se fegura! D’un feudetario no la vol che me toga suggizion?
Ottavio. Lasciamo andare queste freddure. Io vi son buon amico.
Pantalone. (El sior feudetario el vorria piantar el bordon in casa mia; ma no femo gnente). (da sè)
Ottavio. Frattanto che arrivano i miei lacchè ed i miei cavalli del tiro a sei, resterò qui con voi, se mi permettete.
Pantalone. Li aspettela da lontan?
Ottavio. Da Treviso li aspetto.
Pantalone. Mo no vienla da Venezia?
Ottavio. Sì, è vero. Ma ho mandato ad accompagnare a Treviso colla mia carrozza e col mio equipaggio un milord mio amico.
Pantalone. Ma no gh’ho miga logo, sala, nè per carrozza, nè per cavalli.
Ottavio. Subito che sono arrivati, io parto.
Pantalone. Quando crédela che i possa arrivar?
Ottavio. Spererei che potessero arrivar domani.
Pantalone. Doman? La vorria star qua sta notte? No gh’ho letti, patron...
Ottavio. Non crediate...
- ↑ Fagioli.