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LA CAMERIERA BRILLANTE 227

Argentina. Cara signora Flaminia, non siete più innamorata del signor Ottavio?

Flaminia. Sì, lo sono. Perchè mi dici tu questo?

Argentina. Perchè badate a discorrere di me e non vi curate di parlare di lui.

Flaminia. Parlo di te, cara Argentina, perchè ti amo e non vorrei perderti.

Argentina. Non dubitate; non me n’anderò. Il padrone non mi lascierebbe andare per centomila ducati; e se la signora Clarice sarà in collera con me da vero, sapete cosa farò?

Flaminia. Che cosa farai?

Argentina. Cospetto di bacco! sapete che cosa farò? Anderò a ritrovarla nella sua camera; le dirò tante belle cose, tante buffonerie; la bacierò, la pregherò, le ballerò dinanzi, la farò ridere e non sarà altro.

Flaminia. Sì, veramente qualche volta tu sei brillante. Faresti ridere i sassi.

Argentina. Ora non è tempo di ridere. Parliamo un poco sul serio.

Flaminia. Che cosa ti ha detto il signor Ottavio?

Argentina. Il signor Ottavio mi ha detto che con una gondola a quattro remi è venuto in cinque minuti da Venezia a Mestre; e per veder voi ha lasciato la conversazione della duchessa, della marchesa, della principessa. (caricando e dipingendo l’ampollosità di Ottavio)

Flaminia. Tu lo sbeffi il signor Ottavio.

Argentina. Oh non signora. L’imito così un pochino per veder se so fare.

Flaminia. Se tu avessi per me quell’amore e quella premura di cui ti vanti, parleresti con più stima d’una persona ch’io amo.

Argentina. Se non vi volessi bene, non averei fatto quello che ho fatto.

Flaminia. Di che parli? Non ti capisco.

Argentina. Ho persuaso il padrone a riceverlo in una visita di complimento, e forse a tenerlo a pranzo con lui e per conseguenza con voi.