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LA CAMERIERA BRILLANTE 225

Clarice. Sei una temeraria.

Argentina. Tutto quello che comanda la mia padrona. (a Clarice) E così, come le diceva. (a Flaminia)

Flaminia. (Mi fa quasi venir da ridere). (da sè)

Clarice. (Maledetta, non la posso soffrire). (da sè)

Argentina. (Senta. Il signor Ottavio vuol fare una visita al signor padrone. Spero, mi disse, ch’un uomo della mia sorte sarà ben accolto dal signor Pantalone...) (piano a Flaminia)

Clarice. Vuoi tu ch’io senta, o vuoi che ti dica quello che meriti? (ad Argentina)

Argentina. Io gli ho risposto... (come sopra, non badando a Clarice)

Clarice. Che impertinenza è la tua? (ad Argentina)

Flaminia. Via, contentala quella signora. Di’ forte, ch’io non ci penso.

Argentina. Ma poi, se parlerò forte, mi dirà che stia zitta.

Clarice. Tu devi obbedire, fraschetta.

Argentina. Obbedirò. Disse il signor Ottavio: verrei a fare una visita alla signora Flaminia; ma non posso soffrire quell’umore stravagante della signora Clarice.

Clarice. A me questo? Io stravagante?

Argentina. L’ha detto il signor Ottavio.

Clarice. Mi sento fremere.

Argentina. E ha detto di più...

Clarice. Sta zitta.

Argentina. Ha detto che siete...

Clarice. Non più, temeraria.

Argentina. Ecco qui: Parla; non più; sta zitta.

Clarice. Se mio padre non ti caccia di questa casa, nascerà qualche precipizio.

Argentina. Certamente si seccherà...

Clarice. Che cosa?

Argentina. Il canale della laguna.

Clarice. Non ti posso soffrire. Vado ora da mio padre a dirgli liberamente che non ti voglio.

Argentina. Pazienza.