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Zamaria. Perchè no feu de quelle altre? de quelle che xe stampae, e che s’ha da stampar?a

Ottavio. Oh signore, sappiamo il nostro dovere.

Zamaria. Le fa tutti, le podè far anca vu.

Ottavio. A noi crediamo che non ci convenga di farleb.

Zamaria. Eh! mi so come che la xe. Vualtri studiè mal volontiera. Sè avvezzi a lavorar a brazzo. No volè sfadigar.

Ottavio. Perdoni; quanti qui siamo, abbiamo fatto conoscere se lo studiare ci pesa.

Zamaria. Figureve se Pantalon1 e Traccagnin2 vol studiar!

Ottavio. Anche questo è un inganno. Abbiamo fatto a Livorno molte di quelle commedie delle quali vossignoria parla, e l’assicuro che le nostre maschere si sono valorosamente portate.

Zamaria. Co l’è cussì, me ne rallegro. Se pol saver i titoli delle vostre commedie?

Florindo. Oh, i titoli poi non si dicono.

Zamaria. Tasè là, a vu no v’abbado. (a Florindo)

Florindo. Perchè, signore?

Zamaria. Perchè sè piccolo.

Argentina. Presto, presto, a principiare, signori, che sono due ore e mezza3.

Zamaria. Me despiase che averò perso el scagno. Me feu el servizio de lassarme star in scena un pochetto?

Argentina. Già l’ho detto: è uno di quelli che scroccano la porta, danno incomodo sulla scena, e poi dicono male della commedia. (parte)

  1. Parla di quelle fatte dall’Autore medesimo negli anni avanti per il teatro detto di Sant’Angiolo.
  2. Convenienza desiderata dall’Autore, ed approvata dai Comici.
  1. Pantalone era Francesco Rubini, di Mantova, succeduto fin dal 1735 non senza onore sul teatro di S. Luca al celebre Garelli. Morì nella primavera seguente a Genova, dove aveva seguito la compagnia, come vedremo. Fu poi scelto in suo luogo Pietro Rosa, veneziano.
  2. Francesco Cattoli, di Parma, figlio del bolognese Giacinto, che fu pure traccagnino famoso.
  3. Intendasi dopo l’avemaria, che ai 10 di ottobre suona a ore 6 e minuti 7.