Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, X.djvu/207


LA DONNA DI TESTA DEBOLE 201

Violante. Satira?

Gismondo. Così mi pare.

Violante. Ma se avete detto voi pure ch’era una lode.

Gismondo. L’ho detto per compiacere madama.

Violante. Ah, se don Roberto e don Gismondo mi avessero villanamente tradita, sarebbero due mostri più orribili di Minos e di Radamanto.

Roberto. Signora, parlate con più rispetto. Mi meraviglio di voi. (Attacchiamola per cavarci). (a don Gismondo)

Gismondo. Non occorre che mettiate mano alle favole antiche, poichè abbiamo da voi delle favole più moderne.

Violante. Ah, mi si raccapricciano tutti i capelli!

Aurelia. (Eh che sì, che la piantano?) (a donna Elvira)

Elvira. (Suo danno. Merita peggio). (a donna Aurelia)

SCENA XIV.

Don Fausto, Argentina e detti.

Argentina. Ecco il signor don Fausto.

Violante. Ahimè! siete voi ferito?

Fausto. Niente, signora, niente. La mano è fasciata; guarirà la ferita, e sarò presto in grado di attaccar nuovamente chi ha l’ardir d’insultarvi.

Violante. Sì, questi sono due menzogneri, i quali nella presente mia disgrazia si burlano indegnamente di me.

Fausto. Ho piacere che li abbiate finalmente conosciuti. (Don Roberto e don Gismondo parlano tra di loro. Il medesimo fanno donna Elvira e donna Aurelia.

Violante. Ma caro don Fausto, giacchè avete tanta bontà per me, mortificateli questi impositori, e dandomi in presenza loro la mano, scenda Venere pronuba sopra di noi, e Amore ed Imeneo congiungano le nostre destre ed i nostri cori.

Fausto. (Eccola allo stile usato). (da sè) Signora, perdonatemi; se in tali massime continuate, io non vi sposerò certamente. (don Roberto e don Gismondo ridono)